Kuipers Musiricerca
Aprile / maggio 2001, Nelblu n. 5
Di Fabrizio Andreella
Che cosa può mettere insieme persone così diverse come i bluesman Memphis Slim, Lester Bowie, Champion Jack Dupree, poeti beat come Gregory Corso, musicisti colti come Philip Glass, fotografi polemici come Oliviero Toscani, registi visionari come Godfrey Reggio, cantautori storici come Francesco De Gregori, jazzisti d’avanguardia come Jay Rodriguez ?
Solo qualcuno che li abbia incontrati e abbia lavorato con tutti loro, solo una biografia ricca di avventure, talento e curiosità. Questo è Francis Kuipers – etnomusicologo, compositore, chitarrista – che ha fatto della musica uno strumento per cercare di capire il mondo. Ovvio quindi che abbia spaziato in mille realtà diverse, senza mai farsi rinchiudere in un’etichetta. Come la sua musica , di difficile sistemazione per la incessante ricerca che lo porta a sperimentare tradizioni dimenticate e futuri possibili. L’ultima volta che l’ho sentito suonare, la sua chitarra acustica ricercava il ritmo percussivo delle società primitive, esplorava le radici più tormentate del blues, interrogava le forme più spinte dell’heavy metal, seduceva il futuro della musica per fargli visitare il presente. Insomma, descrivere la musica di Kuipers è un’operazione inconcludente perché è una domanda all’anima e una sfida alla ragione. In un’epoca in cui la musica ha perso i suoi antichi significati rituali per abbandonarsi al consumo di sensazioni o alla copertura del rumore quotidiano, Kuipers è una persona che vale la pena ascoltare attraverso la sua chitarra ma anche attraverso il suo pensiero, forgiato da una vita poco incline a cedere la sua ricchezza alle vetrine della celebrità. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo non riesce a capire se apprezzi di più la sua musica ipnotica o la sua persona, che miscela naturalmente amabilità da gentleman inglese con genialità da “rebel with a cause”.
Da una chiacchierata con lui, prima che partisse per New York dove lavorerà al prossimo film di Godfrey Reggio “Naqoyqatsi”, è nata questa chiacchierata.
Lei porta avanti una ricerca musicale non solo con investigazioni negli angoli più remoti del pianeta ma anche attraverso la chitarra acustica. Che ruolo avranno gli strumenti tradizionali in un futuro che si annuncia sempre più elettronico? pensa che una chitarra potrà ancora dire qualcosa?
Kuipers – Molti nuovi strumenti nasceranno sicuramente in forma di software. L’epoca in cui i musicisti erano atleti ed avevano una relazione fisica con lo strumento, fa parte ormai del passato. Non ci saranno più gocce di sudore sulla fronte del prossimo Charlie Parker, e la maglietta del nuovo Mick Jagger non sarà inzuppata. Ma esiste anche lo sviluppo tecnologico di vecchi strumenti, come il theremin, inventato in Russia da Leon Theremin alla fine del secolo scorso, che si basa sullo stesso principio della localizzazione dell’eco che usano i delfini e i pipistrelli. E’ suonato ondeggiando le mani vicino a due antenne metalliche, una controlla il pitch, l’altra il volume. Credo che gli strumenti tradizionali rimarranno, ma come per la chitarra, sempre meno gente li saprà suonare bene. Ci sarà anche il problema di trovare buoni materiali per costruirli. E’ diventato quasi impossibile trovare legno invecchiato che dia un buon tono. Non per niente gli strumenti antichi costano di più
Come vede il panorama musicale di oggi? C’è ancora una vera pluralità espressiva nella musica?
Il mondo è pieno di espressioni musicali originali, anche se è vero che oggi ne sono rimaste meno che in passato. Già nel Settecento, un musicologo tedesco scriveva che era necessario affrettarsi ad annotare le forme musicali popolari prima della loro sparizione. Ciò accadeva molto prima dell’invenzione del fonografo di Edison e dello sviluppo delle tecniche di registrazione. Certe forme musicali, così come alcune specie animali e vegetali, soffrono un processo di estinzione. L’industrializzazione e l’urbanesimo hanno trasformato fortemente la musica tradizionale perché le culture dominanti producono una serie di valori che non ammettono possibilità di cambiamenti e riducono ciò che non si adegua a cascami del passato o a “dialetti” della lingua musicale egemone. A parte qualche meritevole esempio nell’industria musicale la nozione generale di linguaggio musicale universale si è imposta, specialmente in Occidente. L’esistenza di altre culture e la possibilità di progredire attraverso di esse è praticamente ignorata. Anche il fenomeno odierno della world – music è in realtà una traduzione e una deformazione di realtà musicali originali per l’orecchio occidentale. E’ comunque interessante notare che alcuni tentativi di occidentalizzare altre musiche non sono stati generati dall’Occidente ma dai governi non occidentali nel tentativo di “modernizzare” il loro paese e la loro cultura.
Cosa ci può dire della musica del futuro? Che funzioni avrà? Come la ascolteremo?
Io continuo a leggere la musica del futuro nel passato più remoto. Non dimentichiamo che l’ultima società globale prima della nostra fu quella dell’età della pietra. Nel film di Godfrey Reggio “anima mundi ” ho raccolto suoni e musica etnica del passato più lontano che sono diventati parte essenziale delle composizioni di Philip Glass. Per “Noquoqatsi”, il film su cui inizierò a lavorare, sono stato incaricato di cercare i suoni del futuro. Durante il lavoro di ricerca mi sono reso conto che la funzione della musica non sarà tanto diversa da quella del passato. Certe sequenze musicali hanno sempre accompagnato ogni aspetto della vita umana. Come si ascolterà la musica nel futuro ? In parte attraverso le orecchie, in parte, se la contaminazione sonora progredirà, attraverso delle protesi o delle orecchie geneticamente rigenerate. Ascolteremo sempre di più attraverso le vibrazioni: non dimentichiamo che alcune persone totalmente sorde sono diventate eccellenti musicisti.
Si ascolta molta più musica che in passato. Siamo esposti a molto più rumore. Ciò significa anche maggior coscienza musicale?
Oggi un bambino di 5 anni ha ascoltato già più musica che Mozart in tutta la sua vita. L’inquinamento musicale è un tema ambientale di cui nessuno parla, ma che ha comunque un lato positivo: con un piccolo equipaggiamento tecnologico, chiunque può catturare dei suoi. Con samplers, i sound-hachers catturano qualsiasi suono ecciti la loro fantasia, per poi deformarlo e mixarlo in una moltitudine di forme artistiche. Il rinnovamento musicale è dovuto oggi anche all’inquinamento sonoro che sta trasformando sempre più persone in sordi che ascoltano.
Oggi la musica è un’ancella delle immagini. Anche i concerti di musica live sono in realtà degli happenings dove le immagini hanno il sopravvento. Il corpo visibile delle rock stars è più importante di quello che suonano. E’ questo un vantaggio o una riduzione dell’impatto della musica? Una delle caratteristiche più ovvie e forti della musica pop è il suo stretto rapporto con i media. L’immagine di una star è spesso sottoposta a tutta una serie di cambiamenti necessari alla sua continua riproposizione nel mercato dei desideri . Madonna è la dimostrazione più evidente. Comunque c’è sempre stata una relazione tra musicista ed immagine. Vivaldi ne è un esempio: aveva un impatto straordinario sul pubblico. Come Lionel Hampton, che ascoltai in concerto in Olanda quando ero ragazzo. I concerti di Hampton vennero vietati per un po’ di tempo, perché vedere e ascoltare quell’uomo, che con un’energia dirompente e vulcanica correva dal vibrafono alle percussioni, spruzzando sudore da tutte le parti, faceva reagire il pubblico che rompeva le sedia dei teatri e le ragazze lanciavano le loro mutandine sul palco.
La musica è sempre stata fortemente relazionata con le forze del corpo. In un’epoca come la nostra che vede la sparizione della corporeità o la digitalizzazione del corpo, crede che anche la musica seguirà questa intellettualizzazione dell’esperienze o al contrario sarà la nostra àncora e il nostra stetoscopio per liberare le energie corporee? L’anima è oppressa quando si vieta il movimento del corpo a suon di musica. La musica e la danza sono parte essenziale della vita umana. La musica può limitare e controllare la nostra vita come la può innalzare. Ci può aiutare a sopportare la fatica (come i canti degli schiavi neri a lavoro), o può curare malattie (come nel caso di riti antichi o di nuove tecnologie dell’ultrasuono). Anche se le generazioni future si troveranno in una condizione post-umana con enormi orecchie da aneroidi “per ascoltare meglio” – come disse il lupo a Cappuccetto Rosso – ci sarà sempre una forma fisica di fare esperienza della musica. Del resto la melodia ed il ritmo strutturano la nostra vita fin dal grembo materno. Gli psicologi dicono che nasciamo in un contenitore sonoro.
Quali sono secondo lei i momenti essenziali della musica del novecento?
Le origini della miglior musica del novecento stanno nella più grande tragedia del secolo: lo schiavismo! La condizione dei neri negli Stati Uniti del sud e la mescolanza di culture europee ed africane, fecero nascere il gospel, poi il blues, il jazz, il rock’n’roll, e un’infinità di ibridazioni. Il gospel offrì l’annuncio della salvezza. La musica più grande è spesso il risultato di circostanze estreme, perché la musica nasce dove più se ne sente il bisogno. La gente ha bisogno della musica per vivere perché offre un’identità, aiuta a capire che abbiamo un’interiorità. Già dai tempi di Platone si pensava che la musica avesse un accesso privilegiato all’anima.
Chi ha avuto la fortuna di ascoltare i suoi concerti rimane impressionato dall’energia vitale che con la chitarra scarica sulla platea. Un concerto di Francis Kuipers è una specie di rito tribale terapeutico.
Suonare è terapeutico e liberatorio almeno per me. Il mio pubblico è un piccolo gruppo di fans perciò c’è una specie di sensazione tribale, ma è comunque gente interessata a varia musica alternativa. Deve ricordare che io suono uno strumento acustico che non è sufficientemente tecnologico per il gusto musicale di oggi.
In questo momento chi ci legge sta volando. Lei cosa ascolta sopra le nuvole?
Volare è per me un’opportunità per ascoltare registrazioni storiche che non hanno perso la loro freschezza, una musica mezza dimenticata. Ciò che cerco è soprattutto un viaggio rilassante che mi permetta di arrivare ad ogni nuova destinazione pronto per suonare e far festa. Perché la cosa importante dal mio punto di vista è fare musica e farne di più. La gente deve ballare. La musica e la danza liberano la gente.